domenica 11 maggio 2014

Però Che Guevara ne ha ammazzati più di Speziale...

L’ormai celeberrimo Genny a Carogna esibisce una maglietta in cui chiede la libertà per Antonio Speziale, un ragazzo condannato per l’omicidio di un poliziotto e così diventa il simbolo di ogni nefandezza. Molti ragazzi indossano sfilano con la faccia di Che Guevara sulla maglietta e vengono considerati la meglio gioventù, quella che lotta per i diritti di tutti. Eppure Che Guevara ne ha ammazzati di più, ma molti di più, di Speziale.
Dove voglio andare a parare? Semplice, se sanzioniamo una maglietta perché favorevole ad un assassino, ciò deve valere per tutti.
Ma facciamo un passo indietro, perché una premessa è doverosa: considero la maglietta indossata da Genny un infamia e un’offesa alla famiglia del poliziotto Raciti, vittima del suddetto Speziale, soprattutto perché esposta in contesto. Altra premessa: non provo nessuna simpatia per Genny e quel genere di capipopolo usati per mantenere il disordine costituito attuale, tantomeno se di frequentazioni camorristiche e affini.
Però uno Stato che prima non è capace di mantenere l’ordine pubblico e poi decide di punire l’esibizione di una maglietta è semplicemente Stato ridicolo. Uno Stato pericoloso. Perché uno Stato inetto con i prepotenti finirà per essere oppressore degli onesti, come infatti avviene.
Adesso vi spiego come dovrebbe funzionare: se una persona compie violenza, danneggiamenti, molotov, bombe carta e così via, dentro o fuori lo stadio, per strada o dove volete voi, va punito. Punito severamente. E se ti becco tre volte, three strike and you’re out: alla terza condanna ti becchi 20 anni senza condizionale né sconti, perché sei un delinquente abituale. E lo stesso dovrebbe valere per furti, scippi, rapine e simili.
Invece qual è l’andazzo? E’ così: chi compie violenze, continua per anni indisturbato; chi si mette una maglietta, viene “punito”. Punito va rigorosamente tra virgolette, perché trovandoci in Italia anche la pena relativa alla maglietta è ovviamente ridicola; infatti la regola delle istituzioni italiane è: fare la voce grossa, la faccia truce, stracciarsi le vesti, proclamare la tolleranza zero e poi un buffetto sulla guancia e tarallucci e vino per tutti. Eppure, di solito è più efficace l’opposto: tono basso, faccia gentile e educata, cioè guanto di velluto, ma a ricoprire un pugno di ferro.
Fatto sta che Genny a Carogna è stato punito per la maglietta con il DASPO... in questo, il sistema Italia mostra una certa coerenza: ti condanno per una cosa che non dovrei, ma la pena è simbolica… insomma tutta una finzione, la vita è un grande palcoscenico e ognuno recita la sua parte, l’unica cosa che non capisco è perché tanta gente si sceglie dei ruoli da recitare così scadenti. Per chiudere con il DASPO diciamo che, nel caso servisse, andrebbe comminato come pena accessoria: ti fai un po’ di carcere e quando esci niente stadio; un po’ come i pedofili, che una volta scontata la pena non dovrebbero avere più a che fare con situazioni dove ci sono bambini. Ma qui siamo già troppo oltre, in un sistema legislativo e giudiziario dove mancano le basi, non si può pretendere di avere queste finezze.
Comunque: i reati di opinione in uno Stato libero, non possono sussistere. Non si può condannare una persona per una maglietta, o una frase, o una convinzione qualsiasi, per qunato possa essere odiosa, o stupida, o falsa. I comportamenti si sanzionano, i pensieri no.
Se però la maggioranza degli italiani decide che anche le manifestazioni di pensiero vanno punite, almeno si abbia la coerenza di punire tutti in modo eguale, perché in effetti l’esempio di Ernesto Guevara si presta bene ad essere paragonato ad un altro episodio di cronaca: i funerali di Priebke. Il Che, infatti, si macchiò dello stesso crimine di Priebke, cioè assassinò prigionieri inermi. Con l’aggravante che ne uccise molti di più e che, a differenza di Priebke, non aveva superiori ai quali dover rispondere nel caso in cui le esecuzioni non fossero state eseguite.
Eppure uno santo, l’altro demonio: mettevi d’accordo con voi stessi, il doppiopesismo è una forma odiosa di disonestà, odiosa quanto certe magliette.

Non ci potete fare niente se uno vi è simpatico e l’altro no? Ognuno ha i suoi gusti, teneteveli, ma non spacciate i gusti personali per morale, la morale è una, non può essere doppia e i crimini vanno condannati, tutti.