giovedì 25 novembre 2010

Salviamo la Cultura dai suoi salvatori


L’ultima parola d’ordine per mobilitare il senso civico degli italiani è SALVIAMO LA CULTURA. Così si fa un calderone in cui si mescolano manifestazioni a favore del cinema sussidiato, tesori artistici in rovina e studenti che difendono eroicamente la peggior fabbrica di ignoranza presuntuosa, disoccupazione politicizzata e fancazzismo impegnato dell’Occidente, cioè il nostro sistema scolastico. (per la cronaca si segnalano invece solo flebili voci contro il peggior provvedimento dell’anno: la “riforma” forense).

I salvatori della cultura hanno aggiunto questa battaglia epocale agli altri salvataggi in corso: salvataggio del pianeta, dei poveri, della pace, del buon gusto….
Infatti intellettuali, opinionisti, editorialisti da qualunque scampolo di carta stampata non perdono occasione di martellarci con il PENSIERO UNICO “PROGRESSISTA” fatto di ogni genere di mistificazioni, censure rigorose su quello che non fa comodo e una riga di insulti su quelli che la pensano diversamente. Se ne potrebbero citare a migliaia, anche perché la loro caratteristica principale è invadere ogni spazio, sia che si parli di sport, tempo libero, moda, vacanze, dietologia, reincarnazione, fumetti, insomma di quello che vi pare, loro invariabilmente la buttano in politica.
Oppure invitano e intervistano solo quelli omologati al mainstream.

Potrei quindi commentare le banalità quotidiane delle varie Rodotà, Spinelli, Sarzanini, ma punto invece più in alto: mi è capitata tra le mani una copia di Io Donna nella quale, prendendo spunto dal crollo della Casa dei Gladiatori, si chiede a 8 membri dell’Accademia dei Lincei delle idee per superare il difficile momento odierno.
Parla Maurizio Brumori “già professore di Biochimica alla Sapienza di Roma”, ha la foto più simpatica di tutte e magari è solo scivolato su un po’ di luoghi comuni, quindi oggi prendo di mira lui, anche se magari non lo merita, perché ci fornisce troppi spunti che necessitano un commento. La sua intervista parte con: “L’anomalia italiana è che non si sono mai fatti progressi contro l’evasione fiscale… anch’io ho un po’ di azioni ma perché devo pagare solo il 12%?” ; prima frase, prima castroneria: si lamenta dell’evasione fiscale e dice che bisogna alzare le aliquote, così quelli che le pagano sono ancora più vessati e gli evasori ci guadagnano ancora di più! Sorvolo sugli effetti perversi della tassazione delle rendite e che si tratta di redditi già tassati, mi concentro solo sulla logica intrinseca della dichiarazione: se il professore ritiene di dover destinare una quota maggiore dei propri dividendi a finalità pubbliche è liberissimo di farlo, oppure possiede così poca autostima da ritenere che i nostri politici utilizzerebbero quei fondi in modo più oculato di quello che farebbe lui stesso?
Prosegue: “demagogico e sbagliato è stato anche tagliare l’ICI a quelli che se lo potevano permettere e per di più due mesi prima che arrivasse la grande crisi”: secondo lui possedere la casa nella quale si abita vuol dire potersi permettere di pagare, come se automaticamente avere una casa (sottolineo una) comportasse qualche genere di entrata…. E poi la crisi cosa c’entra? Servivano più tasse per finanziare quelle manovre stile Zapatero invocate dall’opposizione e rivelatesi ovviamente controproducenti?
Come perla finale arriva la citazione di Padoa-Schioppa sostenendo che “le tasse sono una cosa bellissima”…”sono l’unico bacino di entrata per sostenere altre attività… per risollevare la cultura, il nostro patrimonio artistico…”, va bene però il nostro patrimonio artistico fu creato nelle epoche passate quando le tasse erano molto più basse di oggi e inoltre se la Casa del Gladiatore fosse stata di proprietà di qualche privato interessato all’arte e alla storia, sicuramente non sarebbe stata lasciata crollare. E poi perché non usare quei soldi per mandare l’uomo (magari qualche accademico) su Marte?

Mettiamo i puntini sulle i:

- le tasse sono una cosa necessaria, ma in uno Stato che si è fatto prestare negli anni (e deve restituire) oltre milleottocentomiliardi di Euro (corrispondenti a oltre tremilioniquattrocentoottantamilamiliardi di lire) sostenere che mancano le risorse perché non si alzano le tasse è ridicolo
- alzare le tasse non significa aumentare il gettito complessivo, soprattutto in un paese dove le piccole attività imprenditoriali subiscono aliquote che vanno ben oltre il 50%
- è di cattivo gusto che chi ha percepito reddito grazie ai soldi dei contribuenti, mentre rilascia interviste alla carta stampata, che si regge a sua volta sui soldi dei contribuenti venga a reclamare ulteriori spremiture.

Tutto queste polemiche in realtà non fanno che proseguire il filo conduttore scalfariano: c’è un’ Italia colta che legge e vota a sinistra e un’Italia cafona e disonesta che vota Berlusconi. Sì ma che cosa legge l’Italia colta? Siete mai entrati in una libreria? Quella spazzatura esposta in primo piano come fosse verdura al mercato sono opere culturali? (resta sottointeso che c’è molta più poesia in un carciofo della piana di Albenga che nella maggior parte delle opere letterarie di cui parlo). Basta cercare qualche testo che esula dal solito tran tran e per scoprire che nel 90 per cento dei casi non l’hanno nemmeno tradotto in italiano: o te lo leggi in inglese, o francese, oppure niente. Preciso che leggere fa sempre bene e va bene leggere qualsiasi cosa, ma da qui a farne un discrimine di erudizione per giustificare la superiorità antropologica della sinistra ce ne corre.
E sarebbero cultura quei deprimenti film italiani dove si fa l’elogio dello sfigatismo, dove il solito ultratrentenne si comporta come un ragazzino, inebetito dagli spinelli, alle prese con una società ingiusta perché non gli dà la garanzia di bighellonare a vita?

Tutti possono e debbono esprimere le proprie opinioni, anche il nostro accademico dei Lincei, (e devo dire che se mi avventurassi in giudizi sui cromosomi telocentrici le mie argomentazioni sarebbero un altrettanto facile bersaglio per lui) ma sarebbe bello ogni tanto vedere pubblicate anche altre opinioni e non sempre le stesse. In un paese dove le aule scolastiche, dalle elementari fino all’Università, vengono usate per fare politica, dove il predicozzo parte senza contradditorio in ogni occasione, dal concerto alla sfilata, dal film all’omelia, dallo show alla recensione, ricordiamo che la cultura è prima di tutto confronto e non indottrinamento.

P.S.
A chi si autoproclama produttore di cultura non resta, per concludere, ricordare che un vero rappresentante di questa categoria non reputò necessario vantare i propri meriti artistici, ma il proprio valore in battaglia e chiese che sulla propria tomba si scrivesse semplicemente:

Eschilo, figlio di Euforione, ateniese, morto a Gela produttrice di grano, questo monumento ricopre: il bosco di Maratona potrebbe raccontare il suo glorioso valore, e il Medo dalle lunghe chiome, che lo conosce.

lunedì 22 novembre 2010

Chi erano i Kuruzoc? Google non lo sa!


Chi erano i Kuruzoc? Google non lo sa! E questa già è una notizia, perché oggi non c’è praticamente parola, per quanto strana, della quale non si riesca ad avere notizie in internet. La curiosità di questa ricerca mi è venuta vedendo la legenda della cartina, infatti in alto a destra si vede scritto: “incursioni dei Kuruzoc” e “trincea contro i Kuruzoc”.
Non ne avevo mai sentito parlare, ma ero certo che la Rete mi avrebbe aiutato… e invece niente! Digitando la parola non esce nulla di pertinente in nessuna lingua. Ho provato a cambiare qualche vocale, qualche consonante, a scrivere le sillabe staccate: nessuna notizia dei Kuruzoc.

Mi ero già praticamente rassegnato quando, con una ulteriore serie di ricerche basate sugli eventi salienti del periodo, sono finalmente giunto ad una conclusione: Kuruzoc (sempre che non sia un errore di stampa o di traduzione) è il nome ribelli Ungheresi che combatterono contro gli Asburgo, nella fattispecie in particolare quelli che diedero vita alla rivolta negli anni tra il 1703 ed il 1711. Sono comunemente chiamati Kurucs. In nessuna fonte che ho trovato vengono accostati al nome “Kuruzoc”, né quest’ultimo è mai menzionato, ma tutto fa pensare siano la stessa cosa.